Tribunale di Genova – 04 maggio 2017 – n.1157
Nel caso specifico il Giudice ordina alla banca la restituzione di tutti gli interessi pagati a causa del superamento del tasso soglia da parte degli interessi moratori del contratto così come pattuiti. Secondo il giudicante nel caso specifico gli interessi moratori rientrano nel computo del TEG ai fine della rilevazione usuraria alla stregua di quelli corrispettivi. Invero, ai sensi dell’art.644, 4°c, cp, per la determinazione del tasso di interesse usurario si deve tener conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese…collegate alla erogazione del credito. E’ interessante notare come la riconducibilità degli interessi moratori a quelli usurari ed alla disciplina dell’art. 1815 cc sia stata sostenuta dalla C.S. anche da prima della entrata in vigore della L. 108/96, con sentenza n. 4251/92. Questo giudice ritiene condivisibile il principio sancito da alcuni giudici di merito (cfr. Trib. Udine 26/09/14), secondo cui la norma di interpretazione autentica del D.L.394/00 (“si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”) prevede un divieto di pattuizione che attribuisce rilevanza all’onere eventuale (interessi di mora) per il solo fatto di essere stato promesso e di poter generare, a determinate condizioni, costi superiori alla soglia di usura, indipendentemente dal fatto che quelle condizioni si siano verificate e che il costo del credito abbia effettivamente superato i limiti del penalmente lecito: l’onere eventuale è, dunque, rilevante solo perché promesso, ossia potenziale. Va, dunque, verificato esclusivamente lo scenario corrispondente al programma negoziale fissato nel contratto, ed al TEG che esso esprime. Quanto, infine, alla maggiorazione dei 2,1 punti percentuali rispetto al tasso soglia, di cui parte convenuta sostiene la applicabilità, va osservato che, in effetti, una indagine statistica a fini conoscitivi, condotta dalla Banca d’Italia e dall’Ufficio Italiano Cambi nel lontano 2002, rilevò che, “con riferimento al complesso delle operazioni facenti capo al campione di intermediari considerato, la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,! punti percentuali “, tuttavia un tasso rilevato una tantum e mai più aggiornato, neppure rilevato per classi di operazioni omogenee, ma alla rinfusa “con riferimento al complesso delle operazioni”, è manifestamente incoerente col procedimento di determinazione delle soglie di usura previsto dalla L. 108/96: il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari è unico ( art. 644, 3° c, cp) , e, per essere unico, non può che essere globale ( art 644, 4° c, cp): o il costo (interessi, commissioni, spese) è inerente alla concessione di credito – ed in tal caso rientra nel TEG – oppure ne è estraneo. Quanto sopra premesso, e rilevato che dalla CTU – pienamente condivisibile – è emerso che, al momento della stipula del contratto di mutuo per cui è causa, il tasso di mora risulta superiore al tasso soglia (per cui non occorre, nella specie, che la verifica dell’usura vada effettuata sviluppando i calcoli sui possibili scenari di morosità in cui può evolvere il rapporto, ovvero predisponendo un conteggio che evidenzi, fra i molteplici scenari di mutamento del piano di rimborso per effetto della morosità, quale sia quello caratterizzato dal TEG massimo, per poi raffrontarlo al tasso soglia e, in caso di superamento, operare i ricalcoli del dovuto), non resta che esaminare quali siano le conseguenze giuridiche della nullità di tale clausola contrattuale, giusta il disposto dell’art. 181 5, secondo comma, cc, tenendo conto del fatto che solo il tasso di mora, e non anche quello corrispettivo, supera la soglia di usura. Tale norma, al secondo comma, prevedeva prima della entrata in vigore dell°art.7 L.108/96 che “se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e gli interessi sono dovuti solo nella misura legale”, mentre la nuova normativa ha statuito che, “se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”, prevedendo una sorta di sanzione a carico del mutuante che ha contrattualizzato somme in dispregio della normativa antiusura.
Sull’interpretazione dell’art. 18l5, secondo comma, cc si fronteggiano due tesi contrapposto, l’una che afferma la gratuità dell’intero negozio ( C. A. Venezia 8/2/13 n.342), l’altra che afferma la nullità della sola clausola che fissa gli interessi di mora (T. Napoli 28/1/14).
Ritenuto, peraltro, che il tasso di mora non ha un rilievo in sé, ma va valutato nell’ambito del tasso effettivo globale annuo pattuito assieme ad ogni altro costo, spesa, remunerazione, ecc., è evidente che, una volta constatato il superamento della soglia d’usura da parte del TEG, l’art. 1815, secondo comma, cc, va applicato in tutta la sua portata, anche se il semplice tasso d’interessi corrispettivi non supera di per sé la soglia in esame.
In conclusione, atteso che: a) gli interessi di mora vanno computati ai fini della verifica della soglia di usura; b) per la verifica del superamento o meno di detta soglia va fatto riferimento al momento di stipula del contratto; c) il tasso soglia va calcolato senza applicare la maggiorazione di 2,1 punti percentuali; d) la CTU ha evidenziato che, al momento della stipula del contratto, il tasso di mora pattuito superava il tasso soglia. Trib. Genova 04 maggio 2017 mora sopra soglia
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